KOOL KOOR

KOOL KOOR | New York 1963

Nel 1985, un anno dopo la sua partecipazione alla mostra Arte di Frontiera a Bologna e una settimana dopo la sua prima mostra personale a Bruxelles, Charles William Hargrove Jr aka Kool Koor è venuto per la prima volta a Milano per salutare il suo migliore amico e collega di Graffiti Writing, Anthony Clark aka A-One. Appena arrivato in città, uscendo dal suo treno in Stazione Centrale, Kool Koor è rimasto incantato, parole sue, dalla cultura, dall’architettura e dallo stile della capitale della moda e del design italiano. Milano è la città dove ha trascorso più tempo in Europa, senza mai però esporre le sue opere. 


Photo © Malikka Mokadem

Kool Koor inizia la sua carriera artistica a New York verso la metà degli anni ’70, durante il boom del Writing e, già all’inizio degli anni ’80, espone i suoi lavori in tutto il mondo affiancando artisti come Haring e Basquiat. Le sue opere si trovano esposte in diversi musei tra cui il Metropolitan Museum di New York, il Museo di Groningen in Olanda e al Museo di Belle Arti di Mons in Belgio. A metà degli anni ’80, determinato a intraprendere la propria strada, l’artista si allontana dalla scena del Writing newyorkese per lavorare all’estero. Inizia così a collaborare esclusivamente con gallerie che non si occupano di street art, segnando nella sua carriera l’inizio di una lunga serie di incredibili nuovi progetti. Artista visionario, Kool Koor spende gli ultimi venticinque anni affinando la sua tecnica di scrittura automatica e le sue metropoli futuristiche senza mai lasciarsi imprigionare dalla ragione e facendo sì che siano le sue emozioni a guidare il suo tratto e la sua pennellata, maturando una sempre maggiore consapevolezza. Le sue tele si compongono di elementi in contrapposizione fra loro, di espansioni e di compressioni. Sopra lo sfondo monocromatico appaiono dettagliatissimi “geroglifici” formati da curve, cerchi, angoli, linee e archi che, considerati singolarmente, ricordano elementi urbani e architettonici: autostrade, incroci, ponti, tetti di grattacieli e facciate di palazzi inclinati come fossero alghe marine in mezzo alla corrente, in costante movimento. Osservate da una certa distanza, le opere di Kool Koor sembrano finestre che si spalancano su un’altra dimensione: vernici nere opache e metallizzate si sovrappongono sullo sfondo creando l’illusione dello spazio infinito nel quale fluttuano entità connesse e intrecciate. La brillantezza degli inchiostri color oro produce effetti diversi secondo la posizione dello spettatore: il colore appare più intenso se visto da vicino e si dissolve in una nebbia sottile se osservato da una maggiore distanza. Le sue ultime opere sono il frutto di questi anni di esplorazione: linee eleganti si piegano, sfumano e si trasformano, accompagnando chi le osserva in un viaggio senza fine tra l’equilibrio architettonico e i riflessi della luce. Con la gentilezza di un sospiro, Kool Koor ci fa avvicinare, per poi spazzarci via, lasciandoci liberi di vagare dentro i suoi magnifici labirinti.